Nell’ambito di questa sezione, Mantova viene presentata come imprescindibile riferimento in quanto capitale del ducato e sede della casa-madre Gonzaga, cui i feudi minori dei rami cadetti si relazionano in un rapporto di indipendenza ma anche di subordinazione gerarchica. La storia delle mura di Mantova testimonia inoltre in modo emblematico l’evoluzione dell’architettura militare europea in tutto il suo sviluppo, dal Medioevo fino alle soglie del XX secolo, proseguendo anche dopo l’arco temporale in cui si colloca la parabola di Sabbioneta. A partire dall’XI secolo, la città si dota di una serie di cerchie concentriche e progressive, che vanno a completare la difesa naturale offerta dai laghi del Mincio: una prima, eretta attorno all’anno mille; una seconda, dovuta all’espansione urbana duecentesca; una terza, quattrocentesca, sotto l’egida di Francesco I Gonzaga, nell’ambito della quale si realizza anche il castello di San Giorgio.
Nel Cinquecento, causa le necessità imposte dalle nuove tecnologie militari, le mura vengono radicalmente riformate “alla moderna”. Per opera di Francesco II (quarto marchese) e soprattutto di Federico II (primo duca), la terza cerchia viene sostituita da una cinta bastionata, con mura basse, sostenute da terrapieni, paramenti murari e basamenti a scarpa all’esterno, e ulteriormente protetta da un ampio fossato (Fossa Magistrale). In questa fase, riconducibile alla prima metà del XVI secolo, si intraprendono anche i lavori per realizzare la cittadella di Porto Mantovano e gli interventi su Palazzo Te, parzialmente perimetrato tramite un sistema di terrapieni con funzione difensiva e di protezione dalle inondazioni fluviali. Quando nella seconda metà del secolo Vespasiano Gonzaga concepisce il suo progetto per Sabbioneta, il ridisegno della cinta bastionata mantovana è pertanto in avanzato stato di realizzazione, offrendo un punto di riferimento e forse un modello cui attingere e da declinare a scala minore. Tra la fine del Cinquecento ed il Seicento si completano i sistemi bastionati ed inizia lo sviluppo di ulteriori fortificazioni a scala territoriale, con la progressiva creazione di un campo trincerato verso sud, costituito da un sistema di terrapieni con lunette e cortine che si sviluppano oltre il circuito murario.
Con il passaggio alla dominazione austriaca (1708), Mantova diventa una tra le piazzeforti più importanti dell'Italia settentrionale, nell’ambito di un sistema difensivo che coinvolge interessi ed ambiti molto più vasti dell’antico ducato, e che la vede diventare un caposaldo del celebre Quadrilatero con Peschiera, Verona e Legnago. Nel periodo napoleonico il sistema trincerato viene ulteriormente sviluppato e integrato da difese idrauliche, con la realizzazione del forte Pietole e la creazione, a sud del Te, di un campo di Marte per le esercitazioni militari, protetto da terrapieni e tre nuovi bastioni. Dopo la Restaurazione, gli austriaci riprendono e completano questo grande disegno. Solo con l’annessione al Regno d'Italia Mantova perde il suo ruolo strategico e il sistema difensivo viene progressivamente smantellato.
Oggi delle fortificazioni mantovane sopravvivono solo poche tracce: tratti di mura ribassati lungo il lago, una porta della cittadella al di là del Mincio, la strada Trincerone e parte dei relativi baluardi terrapienati, il forte di Pietole a sud della città.